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Buona Parola 4/2025

Da Milano a Mauthausen: la forte testimonianza di due adolescenti. Per non dimenticare

In occasione delle celebrazioni dell’80° Anniversario della Liberazione, si rinnova “Da Milano a Mauthausen – 9 Municipi per la Memoria”, il progetto che si inserisce nel percorso avviato nel 2013 dalla Giunta comunale, con la partecipazione dei nove Municipi cittadini alle cerimonie internazionali di commemorazione della liberazione dei lager di Mauthausen, Gusen e Hartheim. Sono stati 40 gli studenti di alcune scuole superiori milanesi, che sono partiti per una intensa quattro giorni in cui hanno visitato i luoghi delle barbarie nazifasciste, dal 9 al 12 maggio. Per il CAG Maifermi, che fa parte di Lanterna OdV, sono stati presenti Susanna e Davide. Li abbiamo incontrati per sapere da loro come è stata questa esperienza, così formativa e significativa.

Susanna è nata nel 2010, ha origini egiziane e frequenta il primo anno dell’istituto tecnico turistico. “Quando la coordinatrice del CAG, Noemi, ci ha parlato di questo progetto, ho detto subito sì. E ho obbligato mia mamma a farmi andare”.

Ma come?!

Sì, lei non voleva dare il suo consenso. Diceva che sarei andata troppo lontana e avrei perso troppi giorni di scuola, nel mese di maggio, che è molto importante.

Ma ce l’hai fatta…

Assolutamente sì. Ci tenevo troppo.

Perché?

Perché mi affascinava capire un po’ di più questa parte di storia.

E come è andata?

È stato bellissimo. Non tanto per la crudeltà nella quale ci siamo imbattuti. Ma anche nel vedere che tante persone si sono messe insieme e hanno deciso di fare più luce su questi argomenti. Prima di andare a Mauthausen, per esempio, non sapevo che fossero state internate persone rom o le mogli dei partigiani.

Prima di partire, avete scelto un deportato da “adottare”, giusto?

Sì, abbiamo scelto Andrea Bontadini, un deportato che viveva in zona Greco, quindi molto vicino al nostro CAG. L’abbiamo “adottato” e gli abbiamo ridato il suo nome, dato che nel campo di concentramento era diventato un numero come tutti gli altri.

Che cosa ti ha colpito di più?

Le scale della morte: 138 scalini senza stabilità su cui facevano salire i prigionieri di corsa, anche con dei massi di 25 kg sulle spalle. Per i nazisti era un divertimento. Ma per me è angosciante.

Con Susanna, c’era Davide, nato nel 2008, al terzo anno di scienze umane, indirizzo economico-sociale.

Io non ero fra i primi che hanno dato disponibilità, anzi ero la riserva della riserva. Ma due persone hanno rinunciato ed è toccato a me. Sono felicissimo, perché da sempre sono appassionato di storia. E questa era una delle esperienze che ho sempre voluto fare.

A te, Davide, che cosa ha colpito di più?

La marcia internazionale. Ogni Paese presente a Mauthausen doveva cantare una canzone partigiana che incitasse alla rivolta contro i totalitarismi. Ovviamente la nostra è stata “Bella ciao”. E’ stato emozionante vedere questa unione tra nazioni. Un altro momento davvero toccante è stato al castello di Hartheim, dove abbiamo ascoltato la testimonianza di una donna novantenne, il cui padre è stato deportato e ucciso a Mauthausen perché era un rivoltoso. Una testimonianza vale molto più che cento fotografie.

Susanna, credi che questo progetto vada proposto a tutti i tuoi compagni e compagne?

Sì, lo proporrei a tutti, ma non mi illudo che tutti possano capire. Ad esempio, le mie compagne di stanza a Mauthausen erano state obbligate ad andare e ogni sera si lamentavano, perché avrebbero potuto essere a una festa di compleanno o con gli amici.

Davide, anche tu la pensi così?

Sarebbe bello che tutti potessero capire quanto è importante ricordare, ma per voluta ignoranza o scarso interesse non tutti sarebbero in grado di trarre qualcosa di positivo da questa esperienza. In pullman si sono formati nettamente due gruppi: quelli che avevano capito qualcosa o chi era lì solo per ottenere crediti scolastici. Al ritorno siamo passati da piazzale Loreto, dove hanno impiccato il cadavere di Mussolini, e abbiamo cominciato a cantare “Bella ciao”. Alcuni erano infastiditi, perché volevano dormire. Diciamo che c’è ancora tanto da fare…

Questa esperienza ti ha cambiata, Susanna?

Da quando sono tornata, mi sento più leggera, come se avessi capito più cose. Sento di avere più maturità. Non mi viene più di scherzare sui gay o fare battute razziste. Ci penso due, anche tre volte, prima di dire qualcosa.

È lo stesso anche per te, Davide?

Io non sono mai stato interessato alla politica prima di andare a Mauthausen. Ma lì ho capito che il disinteresse nei confronti dell’attualità deve essere superato. È proprio un mio limite. Altrimenti finiamo nella stessa indifferenza, che serpeggiava tra il 1939 e il 1945.


La finalità del progetto è proprio quella di sviluppare nelle giovani generazioni la difesa dei princìpi di democrazia, antifascismo e libertà, e di favorire l’acquisizione diretta di un’esperienza importante da poter poi riportare nelle proprie classi, attivando opportuni interventi educativi che coinvolgano altri studenti e studentesse e che li faranno così diventare essi stessi testimoni di memoria
Il progetto si è svolto in tre fasi: la preparazione, la visita ai campi e un evento di ritorno. 
La preparazione dei ragazzi al viaggio avviene attraverso appositi incontri formativi, organizzati da Anpi e Aned, che accompagnano gli studenti durante il viaggio assieme ai docenti, agli educatori, a un rappresentante del Comune di Milano e al Gonfalone della Città.


Il viaggio ha previsto la visita al campo di transito di Bolzano, al castello di Hartheim, a Gusen e a Mauthausen, dove si è tenuta la cerimonia celebrativa dell’80° Anniversario della Liberazione dei campi al Monumento Italiano con un Corteo internazionale sulla ‘Piazza dell’appello’.  
L’evento di ritorno, invece, si svolgerà nel 2026 nel periodo in cui si celebra la Giornata della Memoria, a Palazzo Marino, con un momento di restituzione dell’esperienza da parte degli studenti e con l’obiettivo di trasmetterla idealmente alla città di Milano e ai ragazzi che andranno a Mauthausen nel 2026.

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